Maternità e lavoro

Maternità e lavoro: Wonder Woman non esiste

Maternità e lavoro: tabù, difficoltà, visione d’insieme, comunicazione e come reinventarsi quando tutto il tuo mondo cambia.
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Il 27 Aprile 2017 salutavo i colleghi fuori dall’ufficio dell’agenzia in cui lavoravo come Graphic Designer e Project manager dicendo “ci vediamo lunedì”. Avevo sistemato alla meglio la mia scrivania in vista del weekend, con il pensiero che sarei tornata dopo qualche giorno nella solita (nuova) routine di casa-lavoro-nausee-crackers-the al limone chimico dalla macchinetta del corridoio. E invece pochi giorni dopo, mi sono ritrovata ricoverata in ospedale con un senso di incertezza per il futuro mai provata prima: ero incinta da poche settimane e stavo rischiando un aborto che mi ha costretto a letto per quasi due mesi.

Quando guardo le foto del mio ricovero sorrido. Ho sofferto tanto a stare ferma a lungo ma la sofferenza non era fisica, bensì mentale: circondata da un ideale di “super donna” mi sentivo tremendamente in colpa a non essere altrettanto energica, invincibile: mi sentivo sconfitta.
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Poi ho letto un articolo che parlava dell’importanza di “fare la cova” e forse è stata la Dea a mandarmelo perché mi ha salvato l’integrità mentale. Parlava del fatto che, se si è costrette all’immobilità durante la gravidanza per motivi di salute, non ci si deve sentire improduttive ma anzi, estremamente produttive: in realtà si sta facendo del proprio meglio per far crescere un bambino!

“Si parte con il timore di non essere in grado di comportarsi secondo le aspettative della nostra società, per la quale se non produci non vali. E il forzato riposo lo si vive come un dramma” diceva Alessandra Russolo, (ginecologa a Padova) nell’articolo. “Riposo inteso come risorsa” continuava Alessandra Bortolotti (psicologa perinatale).
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Questo mi ha rincuorato e mi ha fatto riflettere: ho pianto tanto quando mi hanno detto che non sarei potuta più andare a lavoro (e neanche uscire, fare commissioni, avvicinarmi ad una finestra): mi sono sentita persa, inutile. Ma non è forse vero che essere sempre una super donna o una super mamma non è per forza la via giusta? Soffrire in silenzio, essere multitasking, non perdere mai un colpo.
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Hai l’endometriosi? Zitta e soffri. Depressione post partum? Che sciocchezza. Sei stanca? Sei debole.

E invece, a volte ci si deve fermare. A volte si deve mollare. A volte si deve chiedere aiuto. A volte dobbiamo urlare il nostro diritto ad una pausa, alla sofferenza, a fermarci.
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I nostri figli hanno bisogno di mamme felici, e se dobbiamo fare il pugno di ferro per il nostro diritto al benessere, in “un mondo che sembra non essere a misura di donna” (da un articolo di Elena Meli sul Corriere proprio su questo tema), che sia.

Da allora è scorso tutto velocemente: ho partorito, ho vissuto con i ritmi lenti di un neonato, siamo andate a passeggio in fascia, al mare, al parco, abbiamo letto, giocato, mangiato, imparato a camminare e a parlare, a fare i capricci, a dire “ti voglio tanto bene”.

Non ho più rivisto i miei datori di lavoro. La ferita è ancora aperta e il senso di incertezza è stato tanto, ma ho goduto ogni singolo momento con mia figlia in modo intenso e totale.

Non è stato facile: quest’esperienza, al tempo dolorosa e spaventosa, mi ha tolto tanto e regalato tanto. Molte persone mi hanno voltato le spalle, ma ho anche capito ancora di più il vero valore di chi mi è rimasto vicino; ho dovuto cambiare totalmente la mia vita all’improvviso, dal giorno alla notte, non gradualmente come avevo programmato, ma ho capito che la vita va così e che devo stare nel flusso.

Ho capito cosa veramente volevo nel momento in cui ho rischiato di perderlo, e quindi ho acquisto consapevolezza e ho imparato che, nonostante non pensavo di riuscire, sono una persona che ha pazienza, disciplina e costanza (qualità che mi servono ora, giorno dopo giorno). Ho lottato contro i pregiudizi che io stessa avevo riguardo la mia condizione e ho capito che a volte fermarsi è necessario, e che se non ci pensi tu, è l’universo che ci pensa per te. Ho anche capito che ho una figlia forte e determinata a nascere e, nonostante tutto quello che ho perso, ho guadagnato talmente tanto che, facendo un bilancio, ringrazierò sempre per questa esperienza.

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Io ora sono molto felice. La svolta è stata l’aver capito di aver bisogno di qualcosa a misura della mia nuova ME. Ho costruito qualcosa di sano, ho ripreso in mano le mie passioni, i miei talenti e le mie competenze e ho creato un’attività mia, dove sono io a dettare le regole. I sacrifici li faccio per me stessa e adatto i miei ritmi personali e familiari.
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Il percorso è stato difficile: ho studiato, mi sono guardata dentro, ho chiesto aiuto a professionisti (insegnanti di yoga, ma anche business coach, consulenti ecc…) e ho lavorato tanto su me stessa, capendo quello che volevo, partendo dalle mie priorità e dai miei valori. Ancora adesso, quando mi faccio prendere dalle ansie, ritorno ai miei valori e alle mie priorità, ritorno alla mia felicità e mi rimetto subito in riga.
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A volte è difficile incastrare tutto, soprattutto se non si hanno aiuti. Ma le mamme non si arrendono e combattono per il loro bene e per quello dei loro figli. E allora vi auguro di riuscire sempre a lottare per i vostri diritti e di trovare un vostro posto nel mondo, che sia a casa o dietro una scrivania non importa, basta che siate voi a sceglierlo.“Rallenta, fermati, vivi. Perchè Wonder Woman non esiste.”

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